Gestione dei fondi europei in Italia, asset strategico per lo sviluppo


Negli ultimi dieci anni l’Italia ha ricevuto fondi europei per circa 105 mld di €: il 45% per la gestione dei fondi strutturali; il 55% per la gestione di altre tipologie di fondi. La ricerca “La gestione dei fondi europei in Italia: asset strategico per il volàno della nostra società”, realizzata dall’Eurispes, ha elaborato oltre 1 milione di dati provenienti da diverse fonti ufficiali, tra cui programmi operativi, indicatori finanziari, dati di spesa, rendicontazioni periodiche e statistiche socio-economiche ed è stata effettuata rispetto a vari livelli amministrativi (Ue, nazionali, regionali). Tale mole di dati eterogenei rispecchia la complessità nel valutare l’efficacia e l’impatto delle politiche di coesione e sviluppo rurale a livello nazionale ed europeo. Come ha spiegato il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara in occasione della presentazione della ricerca, avvenuta questa mattina: «Lo strumento che oggi mettiamo a disposizione degli studiosi, delle Istituzioni e del mondo delle imprese, rappresenta una finestra sull’andamento dell’utilizzo dei fondi strutturali; e lo è anche in chiave comparativa dal momento che permette un’analisi a livello europeo. Ci si è molto concentrati in questi ultimi anni sui fondi erogati nell’àmbito del Pnrr, relegando ad un ruolo marginale – soprattutto a livello comunicativo – i fondi strutturali dal cui impiego dipende l’effettiva capacità di avviare una fase di crescita e modernizzazione del nostro Paese».

La situazione attuale dei fondi strutturali

Attualmente, siamo in una situazione di convivenza tra il ciclo di programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020 e quello relativo al 2021-2027. Per quanto riguarda il ciclo 2014-2020, i pagamenti totali per i fondi SIE del ciclo 2014-2020 hanno raggiunto, alla fine del 2023, € 450,6 mld su un’assegnazione totale di € 492,6 mld, con un tasso di assorbimento pari al 91,5%. Dei € 42 mld rimanenti, che dovranno essere spesi entro il 31 luglio 2025, il 18% (pari a € 7,5 mld) è destinato all’Italia. Al 30 luglio 2023, l’Italia si distingueva come il primo Paese europeo per numero di progetti finanziati, con oltre 740mila iniziative approvate, pari a circa il 40% del totale dei progetti cofinanziati dall’Ue in quel periodo. Per valore medio dei progetti cofinanziati nei diversi Stati membri, l’Italia si collocava inoltre tra i paesi con il valore più basso, pari a circa 79mila euro per progetto.

Le regioni italiane che hanno beneficiato dei fondi europei per la coesione hanno un Pil pro capite inferiore al 75% della media Ue

Per quanto riguarda il ciclo di programmazione 2021-2027, al 31 agosto 2024, quindi a metà ciclo, a fronte di uno stanziamento complessivo di € 75,054.62 mln, ne sono stati allocati su progetti specifici € 12.582,3 mln (pari al 16,7%) e richieste domande di pagamento di € 1.693,6 mln (pari al 2,3% del valore complessivo). Facendo un confronto con gli altri paesi europei, si evidenzia come ad oggi il valore complessivo dell’impegnato dell’Italia, e quindi della capacità di programmazione dei progetti, è inferiore rispetto a quello della maggior parte degli altri paesi: attualmente, risulta superiore soltanto a Cipro, Slovenia, Croazia e Portogallo. Il prossimo biennio rappresenta quindi per l’Italia un periodo fondamentale per riuscire a programmare efficacemente i circa € 63 mld rimanenti. In questo senso, va vista la legge del 4/07/2024 n.95 (“legge Coesione”) volta ad introdurre misure urgenti per rafforzare le politiche di coesione territoriale. Le regioni italiane che hanno beneficiato della maggior parte degli investimenti delle politiche di coesione sono accomunate dall’avere un Pil pro capite inferiore al 75% della media Ue. Queste regioni, localizzate prevalentemente nel Mezzogiorno, hanno subìto solo cambiamenti marginali nel corso del tempo, senza mai registrare un reale processo di convergenza con il resto d’Europa, continuando a crescere a ritmi inferiori rispetto a qualsiasi media Ue.

La Politica Agricola Comune in Italia

La Politica Agricola Comune (PAC) ha cicli di programmazione settennali, attualmente è in corso quello 2021-2027 il cui valore complessivo europeo è di € 378,5 mld e rappresenta il 31% del bilancio totale dell’Unione. Per l’Italia il Piano strategico nazionale della PAC (PSP) 2023-2027 ha una dotazione di € 36,9 mld, è finanziato attraverso fondi europei e nazionali. Complessivamente, i fondi europei hanno un valore per l’Italia di 28,02 mld di euro; a tale valore va aggiunta una componente nazionale di circa 8,85 mld di euro per un valore complessivo destinato all’agricoltura di 36,87 mld di euro. Uno degli elementi innovativi della PAC 2023-2027 è il New Delivery Model che rappresenta un tentativo ambizioso di rendere la politica agricola più moderna, flessibile e orientata ai risultati. Tuttavia, le criticità legate alla complessità amministrativa, alla disomogeneità nell’applicazione, alla mancanza di garanzie per gli impatti ambientali e sociali e alle difficoltà per i piccoli agricoltori, rischiano di comprometterne il successo. Per superare queste sfide, è essenziale che l’Unione Europea fornisca un maggiore supporto tecnico e finanziario agli Stati membri, promuova una maggiore armonizzazione delle politiche e introduca sistemi di monitoraggio più efficaci per garantire che gli obiettivi comuni siano effettivamente raggiunti.

Lo stato di attuazione del Piano strategico nazionale per l’Agricoltura 2023-2027

Nel 2023, primo anno di attuazione del Piano strategico per la PAC (PSP), sono state avviate numerose attività necessarie per garantire un’implementazione efficace ed efficiente degli interventi previsti. Per quanto riguarda, invece, il sostegno al reddito, 721mila aziende (pari a circa 10,5 milioni di ettari di SAU) hanno richiesto tale tipologia di aiuto che ha complessivamente assorbito risorse pari a circa € 2 mld. Questi interventi hanno generato rilevanti variazioni regionali. La maggior parte delle risorse si è spostata dalle regioni settentrionali a quelle meridionali, con l’eccezione della Calabria, che già beneficiava di titoli all’aiuto con un valore medio superiore alla media nazionale. Inoltre, le risorse sono state ridotte nelle regioni del Nord, come Veneto, Lombardia e Piemonte, a favore di regioni come Abruzzo, Trentino, Valle d’Aosta, Liguria, Lazio, Sicilia e Sardegna.

Gli interventi settoriali hanno invece riguardato il settore apistico, vitivinicolo, oleico e ortofrutticolo. Tuttavia, una delle problematiche più frequenti segnalate dagli agricoltori italiani riguarda la complessità burocratica associata all’accesso ai fondi PAC, in termini di difficoltà nell’accesso alle risorse, tempi lunghi di erogazione e carico amministrativo sproporzionato. Questi aspetti indicano che la PAC, da sola, non può risolvere le sfide del settore agricolo; è necessario un insieme di politiche integrative per affrontare le problematiche globali e locali.

Le debolezze del Sistema Paese mina l’efficace utilizzo dei fondi europei

Nonostante l’afflusso significativo di risorse comunitarie, l’Italia si trova spesso in difficoltà nell’efficace utilizzo dei fondi europei. Secondo un rapporto della Corte dei Conti italiana, al 2020 l’Italia aveva speso solo il 38% delle risorse assegnate per il ciclo di programmazione 2014-2020 (Corte di Conti “I rapporti finanziari con l’Unione Europea e l’utilizzazione dei Fondi europei” Relazione annuale 2020-2021), una percentuale tra le più basse in Europa. Altre nazioni, come la Polonia e la Spagna, nello stesso periodo avevano raggiunto una capacità di spesa rispettivamente del 72% e del 65%. Questa lentezza non solo impedisce di sfruttare appieno le opportunità offerte dai fondi europei, ma espone il Paese al rischio di dover restituire le risorse non utilizzate. Dal 2014 al 2020, circa 5 miliardi di euro sono stati oggetto di ridefinizione o restituzione a causa di ritardi e inefficienze. Permangono importanti criticità: la complessità burocratica, la frammentazione delle competenze e una capacità amministrativa non sempre adeguata; la scarsa capacità di progettazione delle Amministrazioni locali, soprattutto nel Mezzogiorno (il 30% dei progetti presentati non è conforme ai criteri dei bandi europei); i monitoraggi e i controlli, ovvero l’assenza di sistemi efficienti in questo àmbito ha spesso portato a irregolarità, ritardi, e sprechi di risorse, compromettendo l’impatto positivo dei finanziamenti comunitari.

Secondo la Corte dei Conti, al 2020 l’Italia aveva speso solo il 38% delle risorse assegnate per il 2014-2020

L’efficace gestione dei fondi europei dipende da strategie ben definite e da approcci innovativi, come dimostrano alcuni modelli di successo adottati da diversi paesi membri dell’Unione europea. Tra questi, emergono quattro esempi significativi: i modelli di gestione dei fondi europei adottati da Polonia (gestione centralizzata), Germania (utilizzo dei partenariati pubblico-privati), Paesi Bassi (trasparenza nella gestione dei fondi) e Spagna (sviluppo delle aree rurali), molto diversi tra loro ma tutti di successo. Non esiste un modello unico di gestione dei fondi europei, ma un sistema flessibile che rispetti le diversità territoriali e settoriali. Solo un approccio adattivo, che tenga conto delle caratteristiche locali e delle capacità amministrative, può garantire un utilizzo efficace e sostenibile delle risorse comunitarie. Un approccio rigido e uniforme rischia di non rispondere efficacemente alle esigenze specifiche dei territori.

Solo un approccio che tenga conto delle caratteristiche locali e amministrative può garantire un utilizzo efficace dei fondi europei

L’approccio adattivo a “geometria variabile” potrebbe rappresentare una strategia flessibile che permette di calibrare gli interventi in base alle caratteristiche e alle esigenze specifiche dei territori ed in particolare al contesto territoriale, al tessuto imprenditoriale, alle competenze possedute dalle Amministrazioni, alla burocrazia amministrativa. Tale approccio consente di affrontare le sfide di ciascun territorio in modo mirato, garantendo che i fondi europei vengano utilizzati in modo efficace e sostenibile. La chiave del successo risiede nella capacità di adattare le strategie alle specificità locali, combinando interventi infrastrutturali, innovativi, sociali e ambientali. Solo attraverso una pianificazione attenta e flessibile ed un sistema di monitoraggio e controllo continuo sarà possibile massimizzare l’impatto dei fondi, promuovendo uno sviluppo equilibrato e inclusivo su tutto il territorio italiano.

*Giovanni Candigliota, ricercatore Eurispes.

Leggi anche



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link